La Cialoma (Aja mola) – Canto Tipico dei Tonnaroti
La prima notizia ufficiale della esistenza della tonnara di Bonagia risale al 1272, quando il Demanio Reale assegna a privati la gestione dell’impianto di pesca. La tonnara, però, doveva essere in attività certamente da secoli, ma in precedenza lo sfruttamento del mare e delle sue risorse era assolutamente libero e dunque non è rimasta traccia documentale delle eventuali attività di pesca, che non era soggetta ad alcuna restrizione o concessione.
Già nel 1298 l’impianto di pesca rivestiva una grande importanza per le popolazioni che abitavano nella zona, tanto che in un atto del notaio ericino Maiorana si legge di una “contrata tonnarie Bonachie”. La tonnara dunque caratterizzava l’intero territorio.
Chi siano stati i gestori della pesca nei primi anni delle concessioni regie non è dato sapere, ma nel 1430 lo spagnolo Alfonso concesse la tonnara a titolo feudale “per una vita” al napoletano Garraffello de Garraffo, alla cui morte l’impianto ritornò alla Regia Corte.
Nel 1461 la vicina tonnara di Cofano – detta anche Ferro di Cofano – le cui sorti, come vedremo, correranno parallele a quella di Bonagia, risulta appartenere a Bartolomeo Carissima.
Nel 1463 Re Giovanni ne affidò la gestione al barone di Monialini Bartolomeo Statella, al quale succedette il figlio Giovanni che la gestì fino agli inizi del 1500. In questo periodo i pirati genovesi fecero diverse incursioni sulle coste trapanesi e palermitane, e distrussero alcune tonnare, fra cui quella di Bonagia.
Nel 1526 il frate bolognese Leandro Alberti visitò la Sicilia, e descrisse Bonagia quale luogo “ove si pigliano tonni assai”.
Alla fine del 16° secolo la tonnara risulta affittata dal Corte spagnola a privati, per la somma di 3.250 scuti.
Nel 1624 i pirati barbareschi sbarcarono sul litorale di Bonagia, uccisero diversi uomini e presero 40 prigionieri – molti dei quali verosimilmente tonnaroti – e distrussero la torre che stava a guardia delle reti ed era inserita nel sistema difensivo costiero dell’isola. La torre venne ricostruita 2 anni dopo, nel 1626, e la data è ancora leggibile nell’arco di pietra che ne sovrasta l’ingresso. Oggi la torre fa parte del complesso alberghiero Tonnara di Bonagia e ospita un piccolo museo della tonnara, che si può visitare gratuitamente.
Il 1638 è una data storica per la nostra tonnara: la famiglia palermitana degli Stella acquista dalla Corte di Napoli la tonnara, che così diviene privata (anche se taluni studiosi ritengono che la stessa Corte abbia mantenuto alcuni carati della proprietà). Prima proprietaria fu Donna Caterina Stella, che acquistò la tonnara per il figlio Antonio che in seguito ebbe il titolo di Barone di Bonagia. Per 210 anni, fino al 1848, la struttura appartenne alla famiglia Stella, che probabilmente non gestì l’impianto direttamente, ma cedendolo in affitto.
Nel 1749 Antonino Stella, Duca di Casteldimirto e Barone di Bonagia, fece costruire la chiesetta della tonnara.
Nel 1770 lo stesso Antonino Stella ottenne in enfiteusi dal marchese Casimiro Drago e dalla Venerabile Cappella di Nostra Signora di Libera Infermi di Palermo, la tonnara di Cofano, distante circa 4 miglia a est rispetto a Bonagia. La scelta di prendere in gestione anche questo impianto di pesca discendeva dalla necessità di non avere concorrenti dalla parte di levante, da dove provengono i tonni nel periodo della riproduzione. Ad Antonino Stella succede il Duca Pietro Stella, che morì nel 1811 lasciando per testamento la tonnara al figlio Antonio Stella La Grua, il quale morì nel 1831.
In quest’anno per la prima volta compare ufficialmente un trapanese quale gestore della tonnara di Bonagia – e di quella consorziata di Cofano: si tratta di Gaspare Solina, che ne ottiene dal tribunale di Palermo la gestione come contropartita di alcuni crediti vantati nei confronti della famiglia Stella.
Scomparso Antonino Stella La Grua, la proprietà della tonnara passò alla madre Giuseppa Emanuele La Grua, che nel 1848 morì senza lasciare eredi. I suoi beni, per volere testamentario, passarono al Monastero di Santa Chiara di Palermo, e successivamente sotto il nome di “Opera Pia Casteldimirto” furono affidati in amministrazione provvisoria alla Congregazione della Carità di Palermo.
Con la scomparsa della famiglia palermitana Stella, e il passaggio della proprietà alla Congregazione della Carità – che tutt’altro poteva fare che gestire direttamente una tonnara – si fanno avanti gli imprenditori trapanesi, che assumono in gabella l’impianto o cercano di acquistarlo.
Nel 1876 la gabella della tonnara di Bonagia viene concessa ai trapanesi Pace, Cernigliaro e Fardella; nel 1892 il Consiglio della Congregazione della Carità rigetta la proposta di acquisto avanzata da Pace ed Aula entrambi trapanesi; nel 1893 la gabella passa al palermitano Federico Helg, che però immediatamente la cede in sugabella ai trapanesi Antonio Pace, Domenico Aula, Sebastiano Piacentino. Si tratta di ricchi proprietari terrieri, che possiedono anche saline sparse nel Mediterraneo, imprenditori che vedevano nella pesca del tonno la possibilità di investire energie e capitali. Fino al 1899 la gestione della tonnara passò attraverso la gabella del palermitano Helg e la sugabella dei trapanesi.
L’anno 1900 è un’altra data importante per la tonnara: la famiglia trapanese Fontana ne acquisisce la gestione, che viene condotta da Vincenzo dal 1900 al 1905, Stefano fino al 1917, Giuseppe fino al 1923 quando avverrà la rivoluzione di cui dirò fra poco.
Nel 1908, intanto, l’Opera Pia Casteldimirto viene trasformata in favore dell’Ospedale Civico e Benfratelli di Palermo, che così diviene il proprietario della tonnara.
In questo stesso anno le famiglie trapanesi Serraino e Adragna acqusitano dai nobili romani Derix e Borghese la tonnara di San Giuliano, alle porte di Trapani, che come già quella di Cofano nel tempo intreccerà le sue sorti con quelle della tonnara di Bonagia.
L’Ospedale Benfratelli, come è facile intuire, non avrebbe potuto gestire al meglio la proprietà di una tonnara, e così iniziarono le trattative e l’iter amministrativo per la sua dismissione.
Nel 1921 l’Ospedale chiede al Ministero della Marina Mercantile il riconoscimento del diritto esclusivo di calare tonnare nei mari di Bonagia e Cofano, passaggio obbligato per procedere alla vendita degli impianti di pesca.

Il Rais Mommo Solina in una vecchia foto d’archivio

Il Raìs che esamina ciò che avviene sott’acqua nella tonnara con il cosiddetto “Specchiu”, una sorta di secchiello dotato di un fondo in vetro…
Nel 1923, avvicinandosi il momento della vendita da parte dell’Ospedale, nasce a Trapani la società Anonima “Fenicia Pesca”, che l’anno successivo – il 1924 – acquista dall’Ospedale palermitano le “Tonnare di Bonagia e Cofano”.
Il sogno delle famiglie trapanesi di divenire proprietarie del nostro impianto, dopo tanti anni, si avverava.
In quegli anni, dunque, nei pressi di Trapani oltre alle famosissime tonnare di Favignana e Formica di proprietà genovese (prima i Florio, poi i Parodi), operavano le tonnare tutte trapanesi di San Giuliano e Bonagia, che si facevano una concorrenza spietata distando pochissime miglia l’una dall’altra.
Negli anni 1949/1950, dopo un lungo periodo di inattività, venne calata per l’ultima volta la tonnara di Cofano, ma i risultati non furono buoni e l’impianto venne abbandonato definitivamente dai proprietari, che erano gli stessi di Bonagia (dunque la società Fenicia).
Con gli anni ’60 del secolo trascorso inizia per le tonnare trapanesi (che erano una decina) una forte crisi, che ancor oggi non sappiamo se dovuta ad una reale diminuzione dei tonni nei nostri mari, ovvero ad un crescente disinteresse degli imprenditori ad investire in un settore soggetto afluttuazioni notevoli. Il calo delle tonnare è sempre stato un grosso rischio, perché la produttività è legata a molteplici fattori, e magari quelle famiglie che tanto avevano fatto per acquistare reti e diritti di pesca, ora non avevano più voglia di rischiare i propri capitali, più sicuri nelle banche locali che intanto crescevano di numero.
Spaventati dalla possibilità di chiudere in passivo i conti delle stagioni di pesca, i patrizi trapanesi cercarono nuove soluzioni, e così nel 1960 nasce la SIP – Società Industria Pesca – della quale fanno parte alcuni dei rappresentanti dell’aristocrazia e ell’imprenditoria cittadina.
Nel 1964 la SIP acquista dalla “Fenicia Pesca” il diritto di pesca nel mare di Bonagia, e l’anno dopo – il 1965 – dalla Serraino e C. il diritto di pesca nel mare di San Giuliano. Le due tonnare vengono riunite sotto un’unica proprietà, pur mantenendo a mare due distinti impianti di pesca, che vengono calati regolarmente entrambi.
L’avventura della SIP però dura poco, e nel 1972 l’assemblea straordinaria, riunitasi il 3 dicembre, delibera di non calare più le tonnare a partire dalla successiva stagione 1973, ritenendo l’attività non più remunerativa, ovvero il rischio finanziario troppo grosso. Di fatto c’è già la volontà di vendere il tutto, e infatti nella successiva assemblea straordinaria del 10 marzo 1973 – ufficialmente per non far deperire le attrezzature a causa del mancato calo – viene deciso di alienare i diritti di pesca, le attrezzature, le pertinenze e le attinenze della due tonnare. Il patrimonio inseguito per secoli veniva svenduto dai timorosi proprietari.

Un Tonnaroto che “abbraccia” un tonno durante il rito di purificazione e ringraziamento, tipico di fine mattanza.
Il 1973 è un altro degli anni decisivi per le sorti della tonnara di Bonagia. Anzi, è l’anno più importante, perché si pongono le basi per la sopravvivenza di quell’impianto, che fino ad ieri è stato un vanto per l’asfittica economia trapanese.
In quell’anno si fa avanti Nino Castiglione, titolare di una piccola industria ittica al porto peschereccio di Trapani, che dà vita ad una società di fatto con un commerciante di pesce palermitano, Antonio Cefalù, e insieme acquistano dalla società SIP tutte le barche di tonnara già della Fenicia e della Serraino e C., cioè i natanti delle due tonnare di Bonagia e San Giuliano.
Nel 1974 Castiglione e Cefalù acquistano dalla SIP i diritti di pesca nei mari di Bonagia e San Giuliano. Di fatto i due divengono i proprietari delle tonnare, che già avevano gestito l’anno precedente.
Nel 1977 Nino Castiglione rileva per intero la proprietà delle due tonnare; inizia l’era Castiglione, che ancora dura.
Nel frattempo la piccola industria ittica del porto peschereccio si trasferisce nei locali della tonnara di Sancusumano/San Giuliano, che Castiglione aveva acquistato dai Serraino, e si trasforma nella ditta che oggi inscatola tonno distribuito in tutto il mondo e impiega circa 200 unità.
Nel 1979 le due tonnare distinte di Bonagia e San Giuliano, appartenenti dunque all’unico proprietario Castiglione, vengono calate per l’ultima volta separatamente; dall’anno successivo i due impianti vengono accorpati per dare vita a una unica tonnara che viene calata al largo della punta di San Giuliano e che ha la base logistica nel porto di Bonagia.
Nel 1985 Nino Castiglione prende in affitto (gabella) la storica tonnara di Favignana (che fino al 1996 sarà gestita dagli eredi).
Nel 1987 Nino Castiglione muore, ma i figli ed i nipoti proseguono la sua attività, gestendo sia l’industria ittica che oggi impiega stabilmente 180 unità, sia la tonnara.
Nel 2003 la tonnara, dopo una stagione poco produttiva, sospende l’attività.